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Con il cosiddetto Decreto fiscale (il D.L. n. 124/2019, convertito con modificazioni dalla L. n. 157/2019), il legislatore è intervenuto per rafforzare la reazione sanzionatoria per i reati tributari, agendo su un triplice fronte:

  1. modifica di talune soglie di punibilità e delle cornici edittali di pena delle fattispecie delittuose di cui agli artt. 2, 3, 4, 5, 8 e 10, D.Lgs. n. 74/2000;
  2. estensione della responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. n. 231/2001 anche a taluni delitti tributari, superando il tradizionale assetto che voleva l’intero comparto penal-tributario estraneo alla sfera di applicazione di quel sistema di corporate liability;
  3. introduzione, per alcuni reati tributari, della misura patrimoniale della c.d. “confisca allargata”.

Ciascuno dei punti di intervento meriterebbe una riflessione; pare innegabile, tuttavia, che l’intervento n. 2 sia destinato ad avere un peculiare, immediato e dirompente impatto nell’organizzazione delle realtà imprenditoriali.

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Da dicembre 2019 gli illeciti tributari sono entrati ufficialmente a far parte dei reati precedentemente definiti dal D.Lgs. 231, con la responsabilità degli enti che è stata estesa ai reati tributari. La normativa è tuttavia in evoluzione e il decreto di attuazione della Direttiva PIF, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri a gennaio 2020, andrà prevedibilmente ad ampliare ulteriormente le fattispecie di reato tributarie che determinano la responsabilità amministrativa degli enti ex. D.Lgs. 231.

Il “nuovo” art. 25-quinquiesdecies

Ai sensi della disposizione in esame, i reati penal-tributari idonei a far scattare la responsabilità amministrativa dell’Ente sono quelli previsti dagli articoli:

  • 2 (Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti),
  • 3 (Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici),
  • 8 (Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti),
  • 10 (Occultamento o distruzione di documenti contabili), e
  • 11 (Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte) del D.Lgs. n. 74/2000.

Per gli illeciti connessi a tali reati l’ente può andare incontro alle immancabili:

  1. sanzioni pecuniarie (aggravabili se l’ente ne ha tratto un profitto di rilevante entità),
  2. alle «sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e)»e, dunque,
  3. alla pubblicazione della sentenza di condanna.

Secondo i principi generali, sarà poi sempre applicabile la confisca del profitto, disciplinata dagli artt. 19 e, quando applicabile, 6, co. 5 del Decreto (e, dunque, in fase cautelare, del sequestro ad essa prodromico): l’ente diventa, quindi, un potenziale destinatario diretto della confisca del profitto del reato (i.e. il risparmio d’imposta) tanto in forma diretta quanto per equivalente.

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ll 23 gennaio 2020, il Consiglio dei Ministri ha inoltre comunicato l’approvazione in via preliminare del decreto legislativo di attuazione della Direttiva PIF europea che, qualora reso definitivo, andrà ad ampliare ulteriormente il novero dei reati tributari ex D. Lgs. 231, includendovi i seguenti reati, laddove presentassero elementi di transnazionalità e rilevanza (imposta IVA evasa superiore a 10 milioni di Euro):

  • delitti di dichiarazione infedele;
  • delitti di omessa dichiarazione;
  • ipotesi di delitto tentato e non solo consumato;
  • delitti di indebita compensazione.

Questi aggiornamenti rientrano nell’ambito dell’accresciuta attenzione rivolta dalle istituzioni internazionali alla modalità con cui le imprese gestiscono la propria variabile fiscale.

L’implementazione dei Modelli

In linea di massima (ogni generalizzazione nella costruzione dei Modelli è pericolosa: rischi, organizzazione e, dunque, prevenzione non sono concetti isolabili dalla realtà del singolo ente), si può ritenere che un corretto sistema di prevenzione dei reati tributari richieda NON solo un valido assetto amministrativo e contabile ma, in primis, un altrettanto efficace sistema di gestione e di controllo che investa l’intero organigramma aziendale rispetto ai rischi specifici dell’ente.

Così, per riprendere gli esempi di prima, immaginando un’azienda che sia esposta al rischio di coinvolgimento in frodi carosello (perché, per esempio, abbia numerose controparti estere fungibili e variabili nel tempo), sarà importante un’adeguata procedimentalizzazione del sistema dei controlli per l’approvvigionamento di beni e servizi. Saranno a tal fine utili, per esempio, adeguati protocolli in materia di identificazione del fornitore, che non si limitino alla richiesta di dati, per così dire, superficiali (come la visura o la copia dello statuto e dei bilanci) ma abbraccino anche un esame critico delle dichiarazioni dei redditi, delle ricevute del versamento delle imposte e, in generale, della documentazione relativa alla concreta operatività della controparte. 

Dall’analisi di tali, pur semplici, casi emerge la significativa difficoltà di calare procedure, pur embrionali, nella fase di amministrazione e gestione di enti di piccole e medie dimensioni.

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La responsabilità dell’ente è esclusa qualora si riesca a dar prova dell’adozione e dell’efficace attuazione, prima della commissione del reato, di modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi, ovvero in altri termini dell’adozione di un Sistema di Organizzazione, Gestione e Controllo (Modelli 231) così come previsto dall’ex D.lgs. 231/2001.

Fonte: dirittobancario.it, digital360